Matt The Farmer: come fare agricoltura con i social!
Matteo, o come si fa chiamare su YouTube Matt The Farmer, è un ragazzo di 29 anni, vive a Brescia e da qualche anno ha acquistato un podere di 3.000mq, localizzato all’interno del “Parco delle Colline”, un territorio naturale dalla bellezza incontaminata, situato ai piedi delle Alpi.
La scelta di acquistare un piccolo campo da coltivare è stata dettata dall’enorme passione e amore di Matteo, che come “lavoro” insegna informatica in un istituto professionale, per le coltivazioni naturali. Sin da piccolo, è cresciuto a contatto con la natura: i nonni che avevano un piccolo orto in giardino gli hanno trasmesso l’amore per la “terra”.
La visione di Matteo si discosta molto dai modelli di agricoltura convenzionali e va oltre lo stesso concetto di agricoltura eco-sostenibile tanto in voga negli ultimi anni.
Siamo rimasti davvero incuriosito dal suo approccio “social” e moderno all’agricoltura (il suo canale YouTube e la sua pagina Facebook sono super seguiti!) e ne è venuta fuori una chiacchierata interessantissima. Progetti, Esperimenti, Commenti di un giovane ortolano!
Da dove nasce la tua passione per l’agricoltura in generale e la coltivazione dell’orto in particolare?
Il mio approccio all’orto, riprende il modello dei nostri nonni, che secondo me è quello più bello perché in questo modello il duro lavoro nei campi era un vero e proprio momento di socialità e di condivisione dei frutti del sudore della propria fronte. Ho iniziato anni fa a coltivare l’orto in giardino e da allora non ho più smesso. L’acquisto, di un piccolo pezzo di terreno tutto mio, è per me una fonte di soddisfazione continua che mi permette ogni giorno di sperimentare ed imparare nuove cose divertendomi senza dover sottostare alle leggi del business.
La mia voglia di apprendere diverse tecniche di coltura mi porta a sperimentare continuamente. Nel mio campo non utilizzo pesticidi e fertilizzanti artificiali, ma non disdegno l’aiuto delle nuove tecnologie. Il mio obiettivo è riprendere i modelli del passato, ma nello stesso tempo non mi chiudo nel mio orticello: chiedo continuamente consigli a chi come me è impegnato in questa attività e cerco sempre di trovare il giusto equilibrio tra vecchio e nuovo, tra tradizione e innovazione”.
Mentre parla del suo campo trapela una grande emozione. Questo ragazzo carismatico, in pochi minuti, mi trascina in un mondo per me sconosciuto, parlare con lui è un vero piacere perché il suo modello d’agricoltura, se di modello possiamo parlare, va al di là di qualsiasi definizione a cui siamo soliti pensare: è un approccio alla vita intesa nella sua totalità ed un incoraggiamento a fare ciò che ci rende semplicemente felici.
Matteo avrebbe potuto fare qualsiasi altra cosa, ciò che mi ha colpito è il suo approccio positivo nei confronti delle cose, la sua voglia di mettersi in gioco e di migliorare continuamente, la sua apertura verso il dialogo con gli altri inteso come occasione di confronto e di crescita.
Con quali obiettivi è nato il tuo progetto? Qual è stato il motivo che ti ha spinto ad iniziare?
Non ho mai pensato di creare un sistema industriale, con ciò non voglio dire che il guadagno non mi interessa e che non mi piacerebbe in futuro acquistare un appezzamento di terreno anche più grande per venderne i prodotti, ma non è questo il motore propulsore che ha ispirato la nascita di questo progetto.
Per il momento, mi piace coltivare il mio campo perché è una cosa che mi fa stare bene e mi rende felice. Raccogliere i frutti del sudore della mia fronte è per me fonte di gioia infinita, quello che semino basta per la mia famiglia e per gli amici più stretti e per ora va bene così. Per adesso ciò che mi interessa è la libertà di sperimentare, non voglio crearci un business attorno, poi in futuro non so ancora che direzione prenderò.
Ciò che ho riscontrato a livello istituzionale e burocratico è che nonostante si faccia un gran parlare degli incentivi all’agricoltura, questi incentivi esistono solo per chi è interessato a coltivare ettari su ettari di terreno ma non per chi come me vuole svolgere quest’attività a livello casalingo per la propria famiglia.
Qual è stata la gratificazione più grande che hai ricevuto fino a questo momento nel corso di quest’esperienza
Ciò che mi rende felice è potermi riappropriare di ciò che facevano i miei bisnonni e capire il processo da cui prende vita ciò che mangiamo tutti i giorni. L’orto per me è una grande palestra di vita che educa all’arte della pazienza.
L’aspetto per me più importante resta però quello della socialità, quest’attività in due anni mi ha permesso di conoscere tantissima gente, in primis gli adorabili vecchietti che hanno piccoli appezzamenti vicino al mio e che mi hanno insegnato tantissime cose, indispensabili per iniziare. La mia concezione dell’orto riprende anche i modelli dello scambio e della gratuità del passato: chi passa a trovarmi nel mio campo non va mai via a mani vuote, ma sempre con un paio di zucchine o un paio di pomodori.
Anche le persone che mi scrivono ogni giorno su Facebook e sul canale di Youtube costituiscono una fonte inesauribile di stimoli, ci scambiamo tantissime opinioni.
A proposito di YouTube come è nata l’idea di condividere la tua esperienza attraverso questi canali?
Sono uno sperimentatore nato e un grande appassionato di tecnologia, quindi utilizzavo i social network già da tempo per un uso personale, come la maggior parte delle persone. L’idea di aprire un canale su YouTube, dove metterci direttamente la faccia, è nata sempre dalla mia grande voglia di condividere ciò che mi piace con gli altri. I miei video, non vogliono essere assolutamente dei video-tutorial, non mi piace atteggiarmi a professorino e non aspiro ad essere considerato un esperto del settore.
Ciò che mi rende felice è lo scambio di idee e il dialogo continuativo che nasce con persone lontane da me. Il fatto che persone che fino al giorno prima erano dei perfetti sconosciuti mi chiedano aggiornamenti sui miei progressi nel campo e si interessino a ciò che faccio, trovando utili i video che pubblico, mi riempie il cuore di gioia.
Qual è stato il video più difficile che hai realizzato?
All’inizio sono stati tutti un po’ difficili, nonostante sia molto socievole e un gran chiacchierone, inizialmente l’approccio con la telecamera è stato un po’ traumatico, c’era comunque un po’ d’imbarazzo e ricordo che i primi video che ho realizzato erano lunghissimi arrivando a superare anche i trenta minuti. Con il tempo mi sono perfezionato, anche se ancora oggi scrivo ciò di cui ho intenzione di parlare per cronometrare il tutto e non correre il rischio di sforare troppo con i tempi.
Quale è stato invece il video più divertente?
Non c’è un video in particolare che reputo più divertente degli altri. In generale, video che mi divertono di più sono soprattutto quelli che mi riprendono mentre sono all’opera nei campi, a volte si vede anche che sono affaticato e sudato, ma questa cosa mi diverte molto perché ho la consapevolezza di aver fatto qualcosa di concreto per il mio campo e nello stesso tempo ho potuto condividere con gli altri questo momento.
Ti aspettavi che il tuo canale su YouTube riscuotesse tanto successo?
Certo che no, come ho detto prima il fatto di realizzare dei video non ha nulla a che fare con una voglia di protagonismo, ho pubblicato i primi video, per rispondere ad una mia esigenza personale molto pratica: avevo semplicemente bisogno di chiedere consigli e suggerimenti a chi era più esperto di me. Il fatto che oggi riesca ad acquisire circa 1500 nuovi iscritti in più al mese mi rende felice e mi fa pensare che il mio approccio funzioni.
In futuro, mi piacerebbe creare una vera e propria comunità di appassionati, di persone che hanno un interesse comune e cercano di trovare insieme la soluzione migliore ai vari problemi che sorgono di giorno in giorno in questo lavoro”.
Cosa farai “da grande”?
Nel futuro immediato ci sono due progetti che mi stanno particolarmente a cuore, per realizzare i quali mi sto già organizzando. Il primo riguarda l’idea di portare le api nel mio campo, dal momento che sono un grande amante del miele: a settembre inizierò un corso annuale di apicoltura con un allevatore di Brescia, quindi a breve mi vedrete alle prese con questi meravigliosi insetti e vi terrò continuamente aggiornati.
L’altro progetto riguarda una rubrica per coltivare l’ orto sul balcone sia in estate che in inverno. Ho già chiesto il piacere ad un amico, che si è offerto di prestarmi il suo balcone ed anche in questo caso sperimenteremo nuove tecniche e metodi.
Un terzo progetto che invece mi piacerebbe realizzare in un futuro non troppo lontano riguarda la creazione, come ho detto prima, di una vera e propria comunità di appassionati. Mi piacerebbe conoscere da vicino le tante persone che mi contattano da tutta Italia e realizzare 1-2 volte all’anno dei veri e propri corsi di formazione all’interno del mio campo. Sarebbe divertentissimo poter lavorare braccio a braccio e diverrebbe una bellissima occasione per crescere assieme.
Oggi si fa un gran parlare di agricoltura eco-sostenibile e di cibi biologici e l’attenzione del consumatore, è molto aumentata nei riguardi di questi temi. Pensi che sia un bene?
In effetti è vero, oggi tutti parlano di prodotti biologici e di modelli di agricoltura che rispettano il territorio, ma secondo me c’è ancora troppa disinformazione al riguardo, soprattutto da parte di chi non è del settore e molte volte si attacca alle definizioni e alle etichette. Secondo me in questo senso andrebbe fatto un vero e proprio lavoro culturale che vada al di là delle semplici definizioni, considerate il più delle volte buone o cattive a priori, senza fare nessun ragionamento critico al riguardo.
Secondo me, c’è ignoranza rispetto a questo argomento perché abbiamo perso le nostre radici e il contatto con la nostra terra, è inutile apporre delle vuote etichette, la gente si attacca tanto al biologico, ma non sa nemmeno cosa sia.
La migliore manovra da adottare in questo senso, dovrebbe puntare ad una vera e propria rivoluzione culturale per aiutare la gente a riappropriarsi e a riconoscere i gusti della propria terra. Una volta che le persone hanno sperimentato direttamente la differenza, attraverso il senso del gusto, dell’olfatto e del tatto non c’è definizione che tenga e che possa farci considerare un prodotto buono o cattivo dalla semplice etichetta.